Esiste un gioco che tutti conoscono.
Si mettono al centro di una stanza alcune sedie e quando la musica si ferma si corre per occuparne una.
Chi resta in piedi viene eliminato, gli altri restano seduti… Qualcuno sulla sedia sbagliata.

So benissimo come è fatto l’inferno. Non è come lo ha descritto Dante, non ha nulla a che vedere con tutto quello che abbiamo letto a scuola. L’inferno non ha né gironi né anelli, e non è neanche una discesa. È solo una sensazione che ti pervade. Le gambe diventano immobili e il sangue gelido ti si ferma nelle vene.

L’inferno è quello che provi quando ti giri verso il passeggino di tuo figlio e lo vedi inspiegabilmente vuoto; è aspettare al buio seduta sul letto il suo

rientro, la prima volta che guida la tua auto da solo, giurando che se torna sano e salvo la lascerai aperta con le chiavi inserite, sperando che te la rubino; è aspettare nella corsia di un ospedale che l’operazione sia riuscita e che il suo cuore batta ancora.

L’inferno è sentirti dire che tuo figlio è un assassino e desiderare con tutte le tue forze di sparire senza lasciare tracce di te, ma scoprire che non è possibile.